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Immagine del redattoreVeronica Falcone

I primi hippy alla ricerca della verità

Aggiornamento: 25 mag 2021


Una serie tv del momento, The Serpent, sta muovendo l'interesse di molti verso un movimento culturale che a partire dagli anni Sessanta era conosciuto come Hippie o Hippy.

Ma lo sapevi che non solo la tipica fisicità ma anche i principi di riconnessione con la natura, di amore libero e di una spiritualità olistica risalgono a molti decenni prima?

Proprio così. Siamo nell’autunno del 1900 quando un gruppo di giovani dagli abiti di lino e dalle folte capigliature, a piedi nudi, si aggirava tra la Svizzera e il nord Italia alla ricerca di terreni da acquistare. Tutti provenienti da famiglie borghesi, tra loro c’era anche la coppia composta da Ida Hofmann e Henri Oedenkoven, ebbero subito disponibile la somma per accaparrarsi un enorme vigneto inselvatichito nei pressi di Ascona, sul monte Monescia, ribatezzato Monte Verità.

Proprio in stile hippie ante litteram, erano alla ricerca di un nuovo mondo e di un nuovo modo di fare le cose, una via alternativa all’industrializzazione imperante al tempo. La messa in pratica fu forse più dura del previsto e tutti lavoravano alacremente anche 12 ore al giorno per rendere coltivabile la terra, piantare ulivi e alberi da frutto, costruire orti e abitazioni in legno, pietra e calce. Del resto anche il ritorno al lavoro manuale faceva parte del piano, e anche se si può dire che questi ragazzi avessero scelto uno stile di vita non convenzionale, allo stesso tempo stavano trasformando la loro comune da società utopistica a modello turistico di successo. Gli ideali erano forti e così interessanti da raggiungere non solo l’Europa ma anche paesi d'oltremare; sin dall’inizio infatti al Monte Verità furono aperte le porte agli ospiti paganti che erano i benvenuti.

Nel corso degli anni anche la comunità di veri e propri abitanti si fece sempre più nutrita, divenendo un tempio e un luogo di ritrovo per anarchici, comunisti, socialdemocratici ma anche teosofi, riformatori, psicoanalisti e tante personalità letterarie e artistiche. Tanti i nomi noti: Raphael Friedeberg, il Principe Peter Kropotkin, Erich Mühsam che definì Ascona "la repubblica dei senza patria", Otto Gross il quale progettò una "Scuola per la liberazione dell’umanità", August Bebel, Karl Kautsky, Otto Braun, forse anche Lenin e Trotsky, Hermann Hesse, la contessa Franziska zu Reventlow, Else Lasker-Schüler, D.H. Lawrence, Rudolf von Laban, Mary Wigman, Isadora Duncan, Hugo Ball, Hans Arp, Hans Richter, Marianne von Werefkin, Alexej von Jawlensky, Arthur Segal, El Lissitzky e molti altri.

In alcune pagine di Ida Hofmann si legge: Chiameremo “Monte Verità” questo lembo di terra creato dai nostri ricercatori di verità e la nostra impresa dedicata a chi cerca la verità”.

Ecco da cos’erano accomunati e mossi coloro che sceglievano di "abbandonare il mondo" per abitare qui. Il fascino magnetico che esercitava questa località era di sicuro dato dalla possibilità non solo di alloggiare in una delle “capanne di luce e aria”, di godere di bagni di sole solo a metà febbraio ma anche dalla possibilità, nonostante lo stile spartano degli alloggi, di condividere gli spazi comuni come biblioteca e stanza dei giochi con alcune delle personalità di maggior spicco del mondo bohémien.



Era una routine non solo fatta di studio, di lavoro manuale ma anche all’insegna di forme di rilassamento insolite come danze ritmiche, bagni di sole e amore libero. Non si pensi che queste pratiche disinibite fossero in qualche modo accentuate dall’utilizzo di sostanze, al Monte Verità era infatti vietato il consumo di tutti gli “stimolanti forti e velenosi” come alcol, tè, tabacco e persino l’utilizzo del sale. La loro dieta era composta esclusivamente da frutta e verdura ed escludeva il consumo di cibi di origine animale. Non tutti gli ospiti erano propensi al rispetto di questo rigore alimentare e spesso venivano introdotti nel villaggio alimenti e bevande proibiti come leggiamo ancora in una testimonianza di Ida “Capitava spesso che Henri Oedenkoven trovasse resti di oleoso formaggio di pecora nell’area della colonia. Teneva le prove incriminate tra due dita, come se fossero velenose”.

Erano vegetariani, teosofi e nudisti, per quest’ultima delle loro abitudini gli asconesi li chiamavano “balabiott”, “quelli che ballano nudi”. Del resto, i pudici abitanti delle montagne circostanti furono di certo scandalizzati dagli usi e dai “costumi” della comune, a tal punto che una testimonianza ci racconta“… l’ira delle donne timorate di Dio, che organizzano agguati frustando le indecenti nudiste con mazzi di ortiche” (da “Quelli che Milano: Storie, leggende, misteri e varietà” di Giancarlo Ascari e Matteo Guarnaccia). Praticavano l’amore libero, ispirato alle teorie di Aleister Crowley sul potere magico del sesso, e con il loro successori degli anni ’60 che e i loro ideali di libertà e pacifismo che sconvolsero l’opinione pubblica, avevano quindi molto in comune. La nudità era sì l’aspetto più visibile agli occhi esterni:

La vergogna ci ha vestiti, l’onore ci denuderà di nuovo

si legge nelle loro pubblicazioni ma qualcosa di molto profondo si celava dietro a questa appariscente aspetto anticonformista. Il legame con la natura si manifestava nella celebrazione della sua purezza e i nomi simbolici "Il prato di Parsifal", "La rocca di Valchiria" e "Il salto di Harras" con il tempo furono adottati addirittura dalla popolazione di Ascona, la quale inizialmente aveva guardato alla comunità con sospetto.



Coltivare la mente e lo spirito, non solo la terra, sviluppare l’autocritica, l’emancipazione femminile: questi erano solo alcuni dei principi teorici alla base del Monte Verità. Bakunin e Mühsam e i loro principi anarchici rappresentavano il punto di partenza, Ida Hofmann si fece a sua volta portavoce di un’evoluzione di questi in una forma di socialismo utopico e non ultimo il ballerino e coreografo Von Laban teorizzò “la riforma della vita”.

La loro società era organizzata in un sistema cooperativo che guardava al capitalismo che continuava a imperversare là fuori come la condizione che avrebbe portato al crollo delle città, impoverendo e distruggendo un sistema di valori profondi e universali.

Tanti dei pensieri che presero forma nella comunità sono i primi bagliori del pensiero critico moderno, un punto di partenza per una rivoluzione sociale.

Alla loro vita semplice, libera ma anche rigorosa e impegnata faceva da sfondo un complesso di spartane case in legno che poi si evolsero in più articolate e ispirate dall’idea di “naturale e libero”, anticipando il concetto della moderna casa biologica. Le prime abitazioni in stile chalet avevano ampie finestre da cui entrasse molta luce e aria ma scarse comodità. Poco dopo il 1900 vennero costruiti i seguenti edifici: Casa Selma (ora parte del percorso museale), Casa Aida, Casa Andrea con la sua facciata geometrica, Casa Elena e la Casa del tè, la Casa dei russi - rifugio di alcuni studenti russi dopo la rivoluzione del 1905. La Casa Centrale fu costruita per la comunità e lasciava entrare moltissima luce naturale, con finestre e balconi decorati con i simboli "yin-yang". Nel 1948 l’edificio fu demolito per lasciare spazio ad un ristorante e attualmente rimane soltanto la rampa arrotondata delle scale. Henry Oedenkoven costruì Casa Anatta (concetto buddhista del non sè) o “casa delle anime” come residenza e luogo di rappresentanza in stile teosofico con angoli arrotondati ovunque, doppi muri in legno, porte scorrevoli, soffitti a volta e enormi finestre con vista sul paesaggio come suprema opera d’arte; era dotata altresì di un ampio tetto piatto e una terrazza per bagni di sole. Nel locale principale di questo edificio Mary Wigman danzò, Bebel, Kautsky e Martin Buber discussero, Ida Hofmann suonò Wagner e la comunità tenne le sue riunioni.


Il Monte Verità col suo complesso museale è una testimonianza ben conservata della storia dell’architettura, "dove ammirare gli edifici che spaziano dal Bauhaus (Albergo Monte Verità), all'Art Nouveau (Villa Semiramis), alle case aria-luce (Casa Selma, Casa dei Russi, Casa Anatta), in un parco naturale di 75000 mq.

Nel 1920, dopo la Prima guerra mondiale, lo slancio iniziale andò scemando e Ida e Henri, che per anni avevano convissuto in unione libera, si divisero e abbandonarono la regione del Lago Maggiore e al Monte Verità seguì un breve periodo bohémien, che durò finché il complesso venne acquistato come residenza dal Barone von der Heydt, banchiere dell’ex imperatore Guglielmo II e uno dei maggiore collezionisti di arte contemporanea ed extraeuropea. Nel 1926 il Barone trasformò Casa Anatta in una residenza privata e la decorò con la sua collezione di arte africana, indiana e cinese, ora al Museo Rietberg, e con una collezione di maschere di carnevale svizzere, ora a Washington. Negli anni ’50 lasciò la proprietà in eredità al Canton Ticino, che ne fece un centro culturale. Dopo la morte del Barone, avvenuta nel 1964, Casa Anatta, descritta dal teorico dell’architettura Siegfried Giedion nel 1929 come un perfetto esempio di "abitazione liberata", cadde in disuso e in rovina. Nel 1978 fu riaperta per ospitare la mostra "Monte Verità. Le mammelle della verità" di Harald Szeemann e dal 1981 è sede del museo storico del Monte Verità (aperto al pubblico da aprile a ottobre). Nel 1909 l’architetto torinese Anselmo Secondo costruì la Villa Semiramis come casa degli ospiti e albergo. La villa, aggrappata alla montagna, presenta molte caratteristiche architettoniche dello "Jugendstil" piemontese, di cui le persiane triangolari sono l’esempio più evidente. Nel 1970 la villa venne modernizzata nel rispetto dello stile originale dall’architetto ticinese Livio Vacchini.



Sebbene dunque dei luoghi originari dei “monteveritari” poco sia rimasto fisicamente, di questi pacifisti, mossi dall’alito del Pan, rimangono vivi ancor oggi i principi, tramandati e vissuti a pieno da una generazione nota a tutti come quella degli hippy. È difficile immaginare quante delle idee più rivoluzionarie del Novecento, nel bene e nel male, matureranno a partire da quel laboratorio ideale, dai germi del nazionalsocialismo alla controcultura degli anni Sessanta. La danza, l'architettura, la didattica musicale, la filosofia e la psicoanalisi furono fortemente influenzate dalla libertà intellettuale e dalla profonda revisione dei valori sociali che si diffusero dal Monte Verità,


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